
L'autrice:
Luciana Gravina è nata Buonabitacolo (SA) e attualmente vive a Roma.
Per la poesia ha pubblicato
A folle da uno a due, Roma, 1979;
La Polena, Edizioni Levante Bari, 1984;
E se..., Edizioni Rossi e Spera Roma, 1986;
M'attondo il giorno, Edizioni ArtEuropa Roma, 2004.
La Dame à la Licorne è un’opera universalmente ritenuta un capolavoro. Costituita da sei grandi arazzi, realizzati nella seconda metà del Cinquecento, fu commissionata dalla famiglia La Viste di origine lionese probabilmente ai maestri lissieux di Fiandra che la eseguirono su cartoni disegnati a Parigi.
Scoperta da Prosper Mérimée al castello di Boussac nel 1841, fu resa famosa da Georg Sand che la esalta nei suoi scritti.
Attualmente è conservata nel
Musée du Moyen Age di Cluny, a Parigi.
Opera di raffinata bellezza, esercita un misterioso fascino sui suoi visitatori. Disposta sulle pareti della sala circolare in fondo al Museo, vi si rappresentano i cinque sensi
la Vüe, l’Ouïe, le Goût, l’Odorat, le Toucher mentre il sesto arazzo, forse ispirato al libero arbitrio, è intitolato
A mon seul désir.
In sequenza, un’elegante nobildonna mostra il godimento dei cinque sensi a cui ella, in un atteggiamento ambiguo e affascinante, induce, astenendosi dal viverli personalmente.
Infatti:
sorregge le
miroir nel quale l’unicorno si rimira, per identificare l’atto della Vista;
suona l’
armonium da cui si spande il suono di cui l’ambiente circostante gode, per rappresentare l’Udito;
sceglie i dolciumi che vengono gustati da una scimmietta per il Gusto;
intreccia ghirlande con fiori profumati (ma anche qui è la scimmietta che porta al naso il fiore e ne gode il profumo) per l’Odorato;
per il Tatto, tocca con gesto languido e seducente il corno del luminoso unicorno, crea cioè un con/tatto di cui l’elegante animale sembra estasiarsi.
Questo testo poetico vuole essere un’interazione.
E' un omaggio.
La donna del Terzo Millennio si confronta, astenendosi dal giudizio: è soltanto diversa. E’ una donna che tende a vivere legittimamente la cultura del corpo e, se vogliamo, la spiritualità del corpo. Tutto ciò che è stato banalizzato, e demonizzato anche, in quanto liberazione sessuale, ha come fondamento la riappropriazione della sensibilità del corpo come acquisizione di una primordiale innocenza fondata sull’equilibrio tra persona e natura.
Gli antichi davano molta importanza al corpo e al suo linguaggio. Dante nella
Divina Commedia riporta l’episodio di re David che danza in segno di umiltà, davanti all’Arca Santa. La simbologia di questa azione non può risiedere se non nell’importanza che anche le religioni più rigorose riconoscevano al corpo e alla sensazione una funzione di strumento di conoscenza. Ma tutto ciò era interdetto alla donna.
Penso alla donna meridionale a cui, fino a non molti anni fa, era proibito sedersi a tavola con gli uomini e bere vino per non alimentare insani desideri.
Penso anche al Cristo presentato (ci si lamenta spesso) come un asessuato dalla nostra storia scritta dagli uomini.
Ma non si vuole fare polemica: è una riduzione del pensiero far coincidere, sempre e comunque, senso e sesso.
Mi piace invece pensare a lui come a un grande camminatore: ha i piedi forti ancorati alla terra e dalla terra acquista energia per dominare le distanze e parlare alle folle della Galilea. Mi piace pensarlo in uno dei tanti altri sensi aggiunti ai tradizionali cinque: il
grounding, il contatto con il suolo. Così trascendente e così radicato.
Anche questo egli insegna ai suoi discepoli: li manda in giro per il mondo (a sfidare lo spazio) a predicare la sua parola. E nel loro andare fiducioso e spasmodico essi sperimentano nella propria carne il con/tatto con l’energia della terra.
La donna del Terzo Millennio ha fatto la guerra del femminismo (sicuramente esasperando) per riconquistare un diritto ufficiale alle forme del sentire naturale, e per ciò stesso, innocente, che la pongono in sintonia con l’universo: anche la donna come microcosmo nel macrocosmo, cosa che Plotino non avrebbe mai sospettato.
Il corpo che “sente” non è disgiunto dallo spirito, e quindi la persona, uomo o donna, che “sente” afferma la sua consapevole esistenza nell’armonia dell’universo, ne partecipa attraverso la comunione energetica e in questa comunione può anche attingere al divino e ricongiungersi a Dio, perché lo percepisce nella pace del suo corpo, nello stato di grazia, nella condizione mistica.
Ovviamente
est modus in rebus, e la seduzione speculare della Dame, a distanza di secoli, ancora ci convince.
Autore: Luciana Gravina
Titolo: Del senso e del sé
Edizioni ArtEuropa - 2006
prezzo: € 10,00